
San Giuseppe, nella cultura Cristiana è il padre terreno del Cristo, un uomo comune, un artigiano che lavora il legno, in qualche modo è anche una figura moderna e rivoluzionaria. Accetta per Fede un figlio che non ha concepito ma che lo elegge a pieno titolo come padre di tutti i Papà. A questa figura e al significato che ha rappresentato nell'arco della storia del nostro Paese ho voluto dedicare la storia che voglio raccontarvi oggi, alla quale seguirà la ricetta del tipico pane di San Giuseppe.
Come scrive il Prof. Mario Giacomarra nel suo libro "I beni demoetnoantropologici in Sicilia":
" Poiché San Giuseppe è considerato il protettore dei poveri, a Palermo si imbandiscono tavole di cibi a cui vengono invitati i poveri, serviti direttamente dai padroni di casa" . Questa usanza si ricollega a quelle indicate da Ignazio Buttitta nel suo "I morti e il Grano" relative alle cene offerte da parte dei ricchi del paese agli orfanelli nel giorno della celebrazione dei defunti, a scopi apotropaici, volendosi ingraziare le anime del Purgatorio e quindi tenendo lontana da se la paura dell'oblìo.
Giacomarra prosegue dicendo: " A tavola non mancano a pasta chi sardi e i sfinci di San Giuseppi". (una pasta bignè fritta nella sugna, antico retaggio di dolci di origine araba che venivano conditi con zucchero e cannella, ma che successivamente saranno sdoganati nell'immaginario collettivo con la tipica farcitura di ricotta di pecora, gocce di cioccolato e frutta candita, che le consegna alla cultura gastronomica dell'isola come un vero trionfo di gola estatico in ogni senso.) -" Tradizione ancora viva è u pani i San Giuseppi: i fornai preparano panini con semi di finocchio e un taglio a croce sulla superficie che vengono portati in chiesa per essere benedetti e distribuiti ai devoti. "
Queste pietanze quindi sono il menu principale delle cosiddette "tavuli i San Giuseppi o di manciari di San Giuseppi" . Gli ospiti preferiti sono gli scapoli detti "virgineddi" o i "poveri" dei quali il Santo è protettore. Nelle Madonie il rito del pranzo di San Giuseppe culmina nella tipica minestra che conta innumerevoli versioni in giro per l'Isola ma che di base prevede dei tagghiarini (tagliolini) o ditali o in altri casi pasta mista con legumi misti , finocchietto e olio evo. Questo piatto rappresenta di fatto il commiato dell'autunno e l'ingresso della primavera che viene anche sancita dalle diverse "vampe" (falò) che nell'ardere legna e vecchi mobili, simboleggiano il passaggio a nuova vita nella stagione che culminerà di lì a poco nelle festività pasquali, simbolo di Resurrezione e quindi rinascita.
In altri comuni della Sicilia i festeggiamenti della settimana di San Giuseppe si protraggono appunto per più giorni: le mense sono imbandite con pani di diverse forme, alcune propriziatorie come l'altare che li ospita adornato con ramoscelli di alloro e con del bosso profumato, detto "murtidda" dal valore augurale.
E' curioso notare come gli ingredienti di questa festa rimangano simbolo nella cultura popolare, ma anche nell'arte di povertà da una parte ma di vita e rinascita dall'altra. Le sfince in alcuni territori vengono realizzate usando come parte amidica le patate, simbolo di cultura contadina, di stretto contatto con la terra che accomuna il sud dell'Europa con altri paesi del nord come l'Olanda dove ad esempio Van Gogh usa in maniera eloquente nel suo "I mangiatori di Patate" questo tubero per fotografare uno spaccato contadino fortemente emblematico rispetto al concetto di povertà ed essenzialità, Il grano è un altro ingrediente principe della cultura popolare che non poteva mancare in una occasione come quella del giorno del Santo dei Poveri. Il grano e il suo ciclo scandiscono le festività legate all'autunno da una parte e quindi come già detto la festa dei Morti, periodo in cui oltretutto il seme del grano viene seminato e quindi come accade ai defunti viene seppellito sottoterra, e dall'altra alla primavera, prima proprio con la festività di San Giuseppe in cui il grano si prepara a germinare per poi culminare nella Pasqua, periodo in cui il grano sbuca dal terreno preparandosi alla maturazione che lo porterà a giugno ad essere maturo. Anche la iconografia cristiana ha colto questo valore di derivazione pagana. legato ai culti di Demetra e Kore, raffigurando il Cristo Risorto con una spiga di grano in mano.
Per concludere quindi la giornata che oggi ci accingiamo a vivere al di la di una semplice occasione di festa della gola, rappresenta una vera testimonianza gastronomica e sancisce il legame stretto che il cibo in ogni luogo e a maggior ragione in Sicilia ha da sempre conservato con la religione, il costume e la cultura popolare, patrimonio che un operatore del settore, un cuoco, un gastronomo, o chiunque altro credo abbia il dovere di continuare a tramandare per tenere viva la fiamma della nostra cultura e tradizione gastronomica, vero paradigma per un futuro luminoso, aureo come il grano.
Pani i San Giuseppi
Per la biga
g.500 farina di Russello
g.10 lievito
g.250 acqua
Per l'impasto
g.500 farina di Russello
g.70 semi di finocchio
g.30 sale fino
g.15 miele
g.250 acqua
g.50 olio evo
Procedimento
Per la biga
Miscelare gli ingredienti fino a incordare l'impasto. Puntare per 6 ore.
Per l'impasto
Miscelare la biga agli ingredienti eccetto il sale, aggiunto solo in fase successiva e l'olio a filo in fase di incordatura. Puntare per 40 minuti. Spezzare a 150g. Attendere il raddoppio del panetto. Infornare a 220°C per 30 minuti o comunque a completa cottura del pane. Capovolgere dopo aver sfornato. Consumare tiepido
