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La Cassata e le sue declinazioni

In foto - Cassata nuda dello chef Francesco Giuliano

cassata monacale - chef Francesco Giuliano

La cassata siciliana è per definizione la regina incontrastata della pasticceria siciliana e racchiude al suo interno il significato intrinseco di crogiuolo culturale, di koinè enogastronomica, che forse solo la Sicilia può pienamente esprimere in maniera tangibile con la propria storia fatta di dominazioni e stratificazione culturale. Molti studiosi credono oggi che in realtà l'etimologia che vuole far provenire il termina cassata da "quas'at - bacinella" non sia realistica ma che bisogni addirittura tornare al tempo dei Romani in Sicilia per trovare nel termine latino caseus "formaggio" la vera essenza dalla quale si è sviluppata questa tradizione divenuta oggi leggendaria. Del resto la pastorizia ha da sempre caratterizzato l'immagine dell'isola, non a caso I Ciclopi omerici sono pastori e vivono in Sicilia in prossimità delle regioni dell'Etna. Senz'altro però la cassata che immaginiamo noi oggi non si avvicina neppure minimamente alla prima formula, o ricetta. Al tempo dei romani il cioccolato non era presente, la sua lavorazione sarà introdotta in Europa per primi dagli Spagnoli, colonizzatori del Messico, terra di origine del cacao e del cioccolato oltre che della sua lavorazione. Fu proprio grazie agli Spagnoli che la Sicilia conobbe questa importante risorsa e la testimonianza principe è il cioccolato di Modica, che ha mantenuto nei secoli la tradizionale lavorazione di ispirazione azteca,  così particolare e ricercata. Gli arabi dal canto loro avevano portato nell'isola prima al tempo dei Fenici e poi nel XI secolo l'utilizzo delle spezie, dello zucchero, della cannella e della "pasta frolla" seppur certamente diversa da quella conosciuta da noi oggi, e questo contributo sembra essere stato essenziale nella espressione della forma di cassata al forno che rappresenta il prototipo più antico del dolce nella concezione attuale. I Normanni poi introdussero la lavorazione del marzapane, chiamata successivamente pasta reale, processo che porterà nei conventi dell'epoca alla nascita della Martorana, che prende il nome dall'omonima basilica sita nel centro della città. Ma il cammino della cassata non termina qui, perché nel 700 i genovesi, introducono in Sicilia la cosiddetta "pasta genovese" il pan di spagna oggi comunissimo che cominciò a sostituire la tradizionale frolla per offrire una variante senz'altro più ricca e  raffinata della precedente. Il percorso si conclude nel 1875 quando il Cavalier Gulì titolare di diverse pasticcerie presenti in tutta la città diede vita alla forma oggi definita "monacale" proprio perchè evoluzione della ricetta conventuale con l'aggiunta della frutta candita e delle decorazioni che renderanno questo dessert una reminiscenza barocca in periodo neoclassico.

Ripassando le fasi di evoluzione del dolce e della società che lo ha eletto a simbolo della sicilianità in tutto il mondo, non si può che considerare l'insegnamento che questa storia ci trasmette circa il concetto di tradizione. Questa infatti molto spesso viene vista come tabù, muro invalicabile, confine delle Colonne d'Ercole della enogastronomia, senza porsi minimamente il problema che in realtà la tradizione è figlia di un continuo processo di evoluzione che si esprime attraverso la democrazia del gusto, che prescinde da razze, censo e altre categorie di pensiero ma che si trasmette solo per condivisione, amore e passione per la propria, storia e soprattutto per il cibo. Evolvere quindi seppur nel rispetto di ingredienti e tecniche non fa altro che proseguire questo magnifico percorso che potrebbe portare tra qualche secolo qualche cultore della gastronomia a parlare di un dolce diametralmente opposto a quello apprezzato da noi oggi. Accettare questa ipotesi significa crescere culturalmente tutelando il proprio passato, costruendo una "nuova tradizione" che possa tenere viva la fiamma della passione per la nostra terra che è un elemento necessario per affrontare le sfide del prossimo futuro. Pensare che questo processo possa infondere linfa vitale per il progresso e ilnostro domani non può che responsabilizzare chi, in qualità di operatore del settore agroalimentare è chiamato a valorizzare questa storia e questa cultura.

Pertanto incarnando questo spirito di rispetto e innovazione voglio augurare a tutti voi una Pasqua di vera Resurrezione, dalle fatiche di questi due ultimi anni, complicatissimi e da tutte le fatiche dell'anima, che possano presto trovare soluzione e lasciare spazio a una ripartenza a vele spiegate. Vi propongo una evoluzione di cassata al forno con elementi nuovi adatti ad un servizio di monoporzione da ristorazione, dandovi l'appuntamento col gusto e la cultura alla prossima settimana.

 

Chef Francesco Giuliano

 

 

Ricetta 

Evoluzione di cassata al forno

 

Frolla siciliana al mandarino con ricotta dolce e cioccolato fondente, marmellata di mandarini tardivi di Ciaculli, cedro e ciliegie candite e polvere di pistacchio siciliano.

 

Per la frolla siciliana

g.500 farina di Maiorca

g.165 burro

g 165 zucchero

g.80 latte 

g.20 marmellata di mandarini

 

Per la marmellata di mandarini tardivi di Ciaculli

g.250 mandarini tardivi di Ciaculli

g.125 zucchero

g.50 acqua

g.5 pectina 

 

Per la ricotta dolce

g.500 ricotta di pecora

g.220 zucchero a velo

g.50 gocce di cioccolato fondente

g.5 cedro candito

g.5 ciliegia candita

g.5 farina di pistacchio siciliano

 

Preparazione

 

Per la frolla siciliana

Impastare la frolla con metodo sabbiato e lasciare incordare il tutto in planetaria. Appena pronto l'impasto lasciare riposare per almeno 4 ore a 4°C prima dell'uso. Stendere poi allo spessore di 1 cm e foderare gli stampi. cuocere a 180°C per circa 20/25 minuti.

 

Per la marmellata di mandarini tardivi di Ciaculli

Pulire in maniera accurata i mandarini privandoli totalmente delle parti bianche e di eventuali noccioli. unire agli altri ingredienti e cuocere fino alla temperatura di 108°C. Lasciare raffreddare prima dell'uso

 

Per la ricotta dolce

Miscelare la ricotta e lo zucchero a velo in planetaria con il supporto a foglia. Passare successivamente in colino a maglie strette e refrigerare. Unire le gocce di cioccolato fondente prima dell'uso.

 

Disposizione del piatto

 

Decorare il cestino di frolla con spumoncini di ricotta. Disporre sopra una quenelle di marmellata, il cedro e le cicliegie candite e finire con la farina di pistacchio